Possedere un’automobile in Tunisia è un privilegio. Tasse esagerate sull’acquisto, rigide quote di importazione dei veicoli e l’inflazione intorno al 5% rendono il mercato dell’auto del Paese nordafricano tra i più cari al mondo, viste anche le basse paghe locali, con prezzi che vanno fino a oltre il 200% di quelli medi sul mercato internazionale.
“Qui le auto sono considerate beni di lusso“, spiega Zaki Ben Ali, giovane ingegnere civile, che di recente ha abbandonato l’idea di comprarne una, nonostante la sua situazione economica sia agiata rispetto a quella di moltissimi tunisini. Ha un impiego sicuro presso il Ministero delle infrastrutture e uno stipendio netto mensile di 1163 dinari (352 euro), modesto ma sopra la media nazionale di circa 220 euro al mese. Ma comprare una semplice Renault Clio, uno dei modelli più venduti nel Paese, è fuori portata anche per lui.
Tra tassa di consumo che va dal 20% al 110%, Iva del 19% e tasse aggiuntive, “il prezzo finale della vettura è rappresentato fino al 90% da soli costi, di cui quelli di importazione sono tra il 35% e il 45%”, spiega Ibrahim Debache, presidente della Camera nazionale dei concessionari di automobili della Tunisia, nel dossier di novembre/dicembre 2020 sul settore auto del paese, pubblicato dal giornale online tunisino Réalités.
“Mi servirebbero almeno 40mila dinari (quasi 13mila euro) per una vettura nuova. E non ci sono margini di sconto, perché i prezzi sono quasi fissi ovunque”, prosegue Ben Ali. Il mercato tunisino dell’auto infatti, è tutt’altro che libero e la competizione è poca. Per legge si possono importare nel paese al massimo 60mila veicoli nuovi all’anno, secondo un rigido sistema di quote detenute dai rivenditori, che costituisce il principale ostacolo allo sviluppo del settore automobilistico nazionale.
“A ogni rivenditore è assegnata una quota di veicoli in base allo storico delle sue vendite”, ha dichiarato Wisam ElBana, direttore generale di General Motors per il Nordafrica, al sito Automotive Fleet. “All’inizio dell’anno fiscale, a marzo, il Ministero del commercio e dello sviluppo delle importazioni, sulla base delle richieste che provengono dai concessionari, vi distribuisce uno specifico numero di vetture con i relativi importi. Non c’è concorrenza in Tunisia, perché è come dividere una torta. Tutti sanno esattamente cosa otterranno”. Nel paese si contano 35 concessionari che rappresentano oltre 50 marchi di auto.
Il mercato tunisino dell’automobile ha cambiato volto, passando dall’assemblaggio di vetture locali tra gli anni Sessanta e Ottanta alle importazioni di veicoli “pronti” dall’inizio degli anni Novanta. Per controllarne l’ingresso nel Paese, in forte aumento, nel 1995 il governo tunisino istituì il sistema delle quote, che si basa su fattori come il deficit commerciale e la domanda di auto, accordi di investimento tra produttori stranieri di automobili e produttori locali di componenti.
Nel 2012 però furono liberalizzate le importazioni di camion. “Questa misura non ha portato a un aumento rilevante della domanda, ma c’è stato un miglioramento della competitività nel mercato, anche perché nessun concessionario è obbligato a importare ciò che resta delle sue quote”, ha spiegato ancora Debache. Nel 2015 si è assistito a un tentativo di riforma del sistema delle quote auto, ma le negoziazioni tra il governo e i concessionari sono finite in un nulla di fatto.
Secondo il ministro del commercio Mohamed Bousaid, la revisione delle quote non prevede solo un accordo con i rivenditori, ma necessita di un’analisi più ampia del settore dei trasporti, compreso quella sullo stato delle infrastrutture stradali in previsione di un aumento dei volumi di auto in circolazione. Come ha dichiarato a Réalités, “il ministero non finge di avere il modo per rendere l’acquisto di un’auto accessibile al più grande numero di tunisini. Come prima cosa possiamo cercare di creare concorrenza aumentando il numero dei concessionari. Ma a parte le quote e la pressione fiscale, al caro auto concorrono una serie di altri fattori, a partire dalla svalutazione del dinaro rispetto all’euro”. Il dinaro, infatti, ha già perso il 5% da inizio 2021, ma si prevede che possa perdere fino al 15% nel 2022. Dal 2008 al 2018 ha quasi dimezzato il suo valore e oggi si cambiano 3 dinari per 1 euro.
L’economia tunisina è stata fortemente messa in crisi dalla rivoluzione del 2011, ha visto il collasso del turismo con gli attentati terroristici del 2015-2016, ha perso importanti fette del mercato libico e subito un calo della produzione di fosfati, di cui è uno dei primi esportatori al mondo. Non per ultimo, ha visto un netto calo della produzione petrolifera, a cui di recente è seguita l’intenzione di alcuni giganti del settore di abbandonarne il mercato. Secondo la Banca Mondiale, la Tunisia ha perso in media circa il 6% all’anno del PIL rispetto al periodo pre-rivoluzione.
Per chi come Ben Ali ha un impiego pubblico, neanche l’accesso al credito è sempre un’opzione fattibile. “Dovrei comunque pagare di tasca mia almeno il 20% del prezzo dell’auto, mentre la banca mi presterebbe la restante parte. Ma il mutuo per le auto va pagato entro sette anni al massimo”. Per un prestito di 32mila dinari (l’80% del prezzo dell’auto da 40mila), spalmato su sette anni, la più bassa rata mensile del muto, contando gli interessi, non gli permetterebbe di saldare il debito nei tempi previsti. Per legge la banca non può prelevare mensilmente più del 45% del salario e, viceversa, la più alta rata mensile non gli consentirebbe comunque di arrivare a fine mese. “Un mutuo del genere lo farei per una casa. Non è una buona idea comprare un’auto in Tunisia”.
Solo pochi fortunati riescono a comprare le cosidette “auto popolari”, vetture nuove a regime fiscale agevolato, un’altra anomalia del mercato tunisino. Sono auto di piccola cilindrata e potenza ridotta, importate per un massimo di 10mila unità annue da soli 10 dei 35 concessionari (1000 veicoli per ognuno) che aderiscono a un programma del Ministero del commercio, a cui possono accedere i compratori interessati se soddisfano alcuni requisiti fiscali. Ma la domanda è nettamente superiore alla disponibilità delle auto, che comunque costano tra i 20mila e i 30mila dinari (tra i 6mila e i 9mila euro).
In molti si rivolgono dunque al mercato dell’usato, che rappresenta il 25% dell’intero mercato tunisino dell’auto. Ma la convenienza è poca e si pagano prezzi alti per veicoli vecchi e con chilometraggi eccessivi. Ad esempio, una Renault Clio del 2008, con oltre 150mila chilometri, può costare oltre i 5mila euro, mentre sul mercato italiano costerebbe anche meno della metà, con la metà dei chilometri percorsi.
Sono molti, dunque, anche quelli che rinunciano del tutto all’acquisto. Come Zaki Ben Ali: “Alla fine dopo tre anni di lavoro ho comprato una buona bici”.